La falsa credenza del ghiacciolo

11 Dic 2017 | Blog, Psicologia, Psicologo Torino, Psicologo Volvera

Sulla professione dello psicologo ci sono tante fantasie e tante credenze, alcune anche molto divertenti. Secondo alcuni leggiamo la mente, scandagliamo ogni angolo del cervello, siamo esperti di sogni senza però dare i numeri da giocare al lotto. Tra le più realistiche, invece, c’è la credenza che lo psicologo sia un essere umano senza emozioni, freddo come un ghiacciolo. Nella top ten delle frasi che mi vengono dette riguardo alla professione, una recita più o meno così: “voi sapete analizzare con distacco emotivo, non vi fate coinvolgere, altrimenti non riuscireste a fare questo lavoro”.

Ogni volta che viene pronunciata un’affermazione simile, uno psicologo muore. Forse no, però di sicuro piange. Ebbene sì, abbiamo delle emozioni e, soprattutto, le usiamo costantemente nel nostro lavoro. Credo che sia più corretto dire che non potremmo svolgere questo lavoro se fossimo dei ghiaccioli, emotivamente distaccati da chi ci troviamo di fronte. Probabilmente nessuno si rivolgerebbe ad uno psicologo, perché d’altronde, parlare di sè con qualcuno che non può percepire l’emozione della propria storia?

Quando sono in seduta o quando conduco uno psicodramma, mi emoziono. Sempre. Le emozioni sono uno degli strumenti principali del lavoro dello psicologo, insieme alle teorie, ai pensieri e alle parole. Sarebbe impossibile lavorare con ciò che una persona sente e prova, usando solo la parte cognitiva, diventando un ghiacciolo sui sentimenti. Ciò che prova un terapeuta è così importante da avere un nome: si chiama controtransfert. Nonostante questa faccenda non piacesse molto al buon vecchio Freud, al controtransfert sono stati dedicati molti studi, molti orientamenti psicoanalitici lo considerano lo strumento cardine per l’operato del terapeuta.

Lo psicologo purtroppo non può saltare sulla sedia e abbracciare dalla gioia quando un suo paziente non ha attacchi di panico da un mese, ha preso il coraggio di trasferirsi all’estero, passa quell’esame che lo bloccava da tempo. Non possiamo ma ci piacerebbe e c’è una parte di noi che lo fa, mentre troviamo un modo più consono per affrontare l’argomento. Giochiamo a fare gli equilibristi tra ciò che sentiamo, ciò che ascoltiamo, le teorie, le procedure che conosciamo e il nostro comportamento, le parole che diremo.

Forse in definitiva siamo più simili ad una torta al cioccolato.

Foto: Carlo Marchisio www.carlomarchisioph.com

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