Nei giorni scorsi, su Instagram, spiegavo come mai ci sono sempre delle caramelle in studio. Banalmente è un gesto gentile, senza troppe spiegazioni filosofiche: siamo abituati a professionisti di qualsiasi tipo con il cestino delle caramelle per i clienti, fa parte della nostra cultura.
Ma come funziona la gentilezza in psicoterapia? Ritengo che l’intero processo psicoterapeutico possa definirsi gentile: si tratta di ascoltare, di esserci, spesso di aspettare, per poter parlare di argomenti scomodi, a volte spiacevoli, molte volte dolorosi.
Mary Poppins cantava che “con un poco di zucchero la pillola va giù” e penso di essere d’accordo, non nel senso di indorare la pillola, come si usa dire, ma nel senso che con il tatto e la gentilezza, si possono affrontare le sfide più dure.
Nel mio lavoro mi capita di aspettare lunghi periodi prima di affrontare i temi principali della sofferenza di una persona. Sappiamo entrambi che la chiave è lì, ma, ciò che rende un percorso realmente terapeutico, è saper attendere che arrivi il giusto momento per parlarne. In questo senso il terapetuta è gentile: attende, con pazienza e benvolenza, che la relazione tra lui e il paziente sia pronta per affrontare i nodi.
E quando si arriva ai nodi, bisogna essere gentili, perchè spesso ci capita di dover dire qualcosa di spiacevole ad un paziente, e l’unico modo perché una comunicazione difficile venga accettata é farla gentilmente. Gentile, gentilmente, sì, questo post è pieno di ripetizioni, perché il termine gentile è difficile sostituzione.
Per non ripetermi più, provo a spiegare con un’immagine: affrontare aspetti conflittuali o dolorosi della propria vita è difficile per tutti. Farlo con un terapeuta è come mettere una mano su questi aspetti e l’altra nella ciotola delle caramelle. Il colpo di scena è che nella ciotola delle caramelle troverete anche la mano del terapeuta, che a suon di zucchero vi accompagnerà per la vostra strada.