Durante un incontro di Psicogenealogia Easy, rispondendo ad una domanda, ho detto: “siamo meno liberi di quanto crediamo”. Sono parole forti, che possono pesare come macigni se prese così, tout court, senza approfondimento. E allora approfondiamo.
Prima di tutto è bene definire cosa intendo in questo caso per libertà. Sto parlando della libertà di essere se stessi e di prendere le decisioni migliori per la propria vita, in linea con le proprie aspirazioni, sogni, desideri, inclinazioni e possibilità. Possiamo, in altri termini, parlare di individuazione, ovvero il processo attraverso cui una persona diventa pienamente se stessa, differenziandosi dal resto dell’umanità, grazie alle sue uniche caratteristiche. Se riteniamo di essere completamente liberi nell’essere chi siamo e di stare nel mondo liberi da ogni tipo di influenza, ci stiamo raccontando delle bugie. E sia chiaro, non perché siamo dei bugiardi o delle brutte persone, ma semplicemente perché non prendiamo in considerazione alcune cose.
L’inconscio: siamo più di quanto sappiamo
Ad esempio, potremmo non prendere in considerazione l’inconscio, identificandoci solo con i nostri aspetti più noti, quelli consapevoli, che conosciamo e sappiamo descrivere. Ma, così come siamo meno liberi di quanto crediamo, siamo anche molto più di quanto sappiamo. Le nostri parti inconsce sono quelle a noi sconosciute (finora), perché al di sotto della nostra consapevolezza: il fatto che non le conosciamo non significa che stiano buone a far nulla. Sarebbe un po’ come dire che un elefante dietro alla mia porta non esiste, solo perché non so che si sia piazzato lì. Il buon vecchio inconscio è quindi vivo e vegeto e, spesso agisce, ci guida nelle scelte e nei comportamenti più di quanto noi crediamo. Iniziamo quindi a tenere a mente che ci sono aspetti di noi che non vediamo ma, che hanno un impatto importante sul grado di libertà con cui viviamo. Se impariamo a riconoscerli e a farci i conti, il nostro grado di libertà aumenta.
Un aspetto interessante dell’inconscio è che non si tratta esclusivamente di una questione privata: è presente anche tra le persone, nei gruppi e nelle famiglie. Jung parlava di inconscio collettivo oltre a quello personale, una sorta di contenitore psichico universale che accomuna tutti gli esseri umani. Moreno parlava di co-inconscio di gruppo, una sorta di clima emotivo, di tonalità non esprimibile con le parole, che si percepisce in un gruppo. Dentro di noi e tra noi e gli altri, ci sono quindi degli elementi psichici di cui non siamo consapevoli, ma che ci appartengono e concorrono nel determinare chi siamo.
Relazioni e dna: la famiglia
Nasciamo con un corredo genetico che si esprime e si manifesta in base alle nostre esperienze relazionali. Siamo infatti esseri sociali, la nostra mente cresce e si sviluppa all’interno delle relazioni. Anche le parti più consapevoli di noi si sviluppano all’interno di esperienze e relazioni, determinando il nostro modo specifico di stare al mondo. Non possiamo considerarci “liberi”, come dicevamo all’inizio, fin quando non vedremo e accetteremo quanto il nostro passato influisce sul nostro essere attuale.
Le connessioni umane plasmano le connessioni neurali ed entrambe contribuiscono allo sviluppo della mente.
Daniel Siegel
Diventa chiaro quanto possa essere importante lavorare sul proprio passato, per comprendere come le esperienze hanno contribuito a farci crescere così come siamo e come determinano chi siamo e come saremo in futuro.
La famiglia è generalmente il primo luogo dove sperimentiamo l’incontro con altri esseri umani e che, nel bene o nel male, condizionerà le esperienze relazionali della vita. La famiglia è anche quell’immagine interna con cui ci confronteremo sempre, per imitazione o per differenziazione, in modo consapevole, ma anche in modo inconscio.
Che ci piaccia o meno, ci sono dei ruoli
In ogni gruppo ci sono dei ruoli: alcuni sono chiari e definiti, altri meno, altri ancora sono del tutto inconsapevoli. Un esempio di ruolo consapevole ed esplicito è quello del genitore, a cui corrisponde quello che chiamiamo controruolo del figlio. Un esempio di ruolo inconsapevole può essere il prendersi cura versus l’essere curato: in una famiglia può esserci una persona “addetta” al prendersi cura, come ruolo quasi esclusivo. Alle volte può diventare esplicito, soprattutto nelle occasioni di forte stress. La cosa importante che dobbiamo tenere a mente, è che ci sono sempre dei ruoli e dei corrispettivi, ovvero i controruoli, che si plasmano l’un l’altro, in un sistema di aspettative e condizionamenti reciproci, anche qui, sia consci sia inconsci.
Il libro dei conti
C’è un autore, Boszormenyi-Nagy, che ci rende le cose più semplici, dicendo che possiamo parlare di contabilità familiare, nel senso che considera che ogni famiglia ha il proprio libro dei conti, con tanto di senso di giustizia. In ogni famiglia siamo immersi in un sistema di aspettative e obblighi, ai quali rispondiamo in modi diversi: scappando, eludendo, cogliendo. Facciamo qualche esempio, partendo da questioni semplici, per poi arrivare ad aspetti più complessi.
Chi butta l’immondizia?
“Non è giusto che sia sempre io a dover andare a buttare l’immondizia!” può essere una frase detta con stizza perché si è stanchi della regola per cui si è gli unici della famiglia ad avere quel compito. C’è un’aspettativa relativamente ad una regola e la persona che stiamo prendendo in considerazione la ritiene ingiusta. Fin qui tutto semplice, perché restiamo su ciò che vediamo, sulle regole esplicite. Ma sappiamo che c’è tutta una parte meno visibile che agisce al di sotto della consapevolezza: è una regola condivisa quella di chi butta l’immondizia? ci si aspetta che a farlo sia solo quella persona? qualcun altro ne viene esonerato? c’è la possibilità di cambiare le regole? è una famiglia in cui si può contestare un’abitudine? cosa succede se si disattende l’obbligo? Sono un sacco di domande che scoperchiano i sistemi con cui una famiglia si mette in relazione e si organizza in ruoli e controruoli e questo solo prendendo in considerazione chi deve buttare l’immondizia.
Chi si prende cura
Dicevamo che ci sono livelli di complessità maggiori, così come livelli di consapevolezza minori. Accennavo al ruolo di chi si prende cura, che può diventare un ottimo esempio: consideriamo una coppia di fratelli, in cui il più grande ha problemi di salute. Il fratello minore lo aiuta e lo accudisce e fin qui nulla di strano, ma possiamo portare l’esempio un po’ oltre. Il fratello minore sogna di andare a studiare all’estero, ma rinuncia per stare vicino al maggiore, che potrebbe beneficiare del suo aiuto. In seguito si accontenta di un lavoro che non gradisce molto perché questo gli dà la possibilità di dare un aiuto in più al fratello. Di fatto conduce una vita molto lontana da ciò a cui aspirava. In questo caso ci sono delle difficoltà oggettive da prendere in considerazione, come una salute cagionevole che necessita di aiuto. Nell’esempio però non stiamo parlando di gravi malattie o impedimenti economici o di altro tipo. Cosa possiamo osservare?
Livello manifesto: un fratello si occupa dell’altro perché più bisognoso, modificando le sue scelte di vita per poterlo fare al meglio. Livello “occulto” (non visibile agli occhi): la dinamica del prendersi cura versus essere accuditi si è cristallizzata, quasi bloccando i due fratelli nei rispettivi ruoli. Qui possiamo chiederci diverse cose: c’è un’aspettativa implicita da parte della famiglia per cui il minore sia l’unico a prendersi cura del maggiore? al maggiore viene data la possibilità di uscire dal ruolo del malato per ricoprire anche altri ruoli? nello stesso modo, al minore viene permesso di vivere la sua vita o si coglie la “scusa” del fratello per non andare all’estero? c’è qualcuno che beneficia di questa situazione?
Domande importanti
Non si può rispondere a queste domande, siamo in un esempio poco definito, non abbiamo elementi per approfondire. Ciò che ci interessa maggiormente non sono, però, le risposte, ma le domande e, nello specifico, le domande giuste. Imparare a porci le giuste domande, o ancora meglio, affiancarci a qualcuno che possa aiutarci in questo, porta alla luce gli obblighi relazionali, le aspettative e i ruoli che ricopriamo nella vita, partendo da ciò che abbiamo imparato in famiglia. Perché è così importante la famiglia? Come dicevo è il primo luogo in cui viviamo l’esperienza di stare con gli altri, ma soprattutto perché non ereditiamo solo il dna, ma anche le dinamiche relazionali e i ruoli, che si ripetono attraverso le generazioni. Sembra incredibile, ma possiamo portare avanti abitudini, comportamenti o regole ereditate dai nostri antenati senza esserne consapevoli.
Questo succede perché le famiglie sono dei sistemi che tendono a rimanere inalterati e a definirsi anche attraverso regole e aspettative. La domanda che sorge è: anche se sono schemi che non funzionano? Purtroppo sì, accade anche questo, perché il cambiamento è sempre difficile, anche quando porta al meglio, ma soprattutto, è praticamente impossibile se le dinamiche che non ci fanno stare bene sono inconsapevoli.
C’è speranza?
Sicuramente sì, sapere che tendiamo a ripetere consapevolmente o meno i nostri schemi relazionali, non deve farci pensare che non ci sia speranza di cambiarli. La possibilità di essere liberi di fare le proprie scelte e di percorrere la strada per la propria individuazione, esiste. Partire dalle giuste domande è un ottimo inizio ad esempio. Alle volte basta quello, più spesso è bene lavorarci con chi ha più esperienza, per poter elaborare a fondo e sganciarsi dagli schemi che non ci appartengono o non ci fanno stare bene.
Schützenberger parlava di raccogliere nel proprio giardino familiare: intendeva l’atto di vedere, accettare e poi decidere cosa fare delle eredità psicogenealogiche. Di prendere il bene e di fare i conti con il male, di elaborarlo, per poter essere liberi di scegliere per sé. Si può fare, non ci si deve aspettare che sia semplice e rilassante, ma si può decisamente fare.
Se vuoi approfondire, qui trovi delle risorse utili:
- Dan Siegel: A truly connected life
- Boszormenyi-Nagy I., Spark G., Lealtà invisibili. La reciprocità nella terapia familiare intergenerazionale, Roma, Casa editrice Astrolabio, 1988;
- Schützenberger A.A., Psicogenealogia, Guarire le ferite familiari per ritrovare se stessi, Roma, Di Renzo Editore, 2007.